Vi siete mai posti una domanda del tipo “come interagisco attivamente a ciò che il mondo esterno mi propone quotidianamente”? Escludendo risposte di carattere sociologico, filosofico o culturale   e limitandosi a qualcosa di più concreto,            non è difficile trovare la soluzione al quesito: il singolo individuo partecipa attivamente agli stimoli che la vita in ogni instante gli propone attraverso i 5 sensi.

E’ così che forme,  colori,  sapori ed odori vengono riconosciuti, catturati,  filtrati, in ultima analisi “scelti” da ognuno di noi. I meno distratti avranno notato che manca il riferimento a quello che per molti di noi           in qualità di musicisti o semplici appassionati della nobile arte è il senso probabilmente più importante: l’udito. Riferimento volutamente mancante per porre ancor più in evidenza il vero tema di questo articolo: la profonda differenza tra “sentire ed ascoltare”.

Quello che senza difficoltà  possiamo rilevare è che con il passare degli anni la diffusione di massa di vecchie e nuove tecnologie (Televisione ed Internet per fare un esempio) ha portato ad un profondo cambiamento rispetto alle modalità  con cui ci rapportiamo nei confronti di quanto ci viene proposto (o provocatoriamente parlando, imposto).

Eh si,  perché ormai è sempre più evidente che il nostro atteggiamento nei confronti di quanto i media (e non solo) ci propinano          ha tristemente assunto un carattere decisamente passivo e purtroppo solo in sempre più rare eccezioni È rimasto quello di un tempo di natura diametralmente opposta. Programmi televisivi o radiofonici   contenuti distribuiti tramite il web nelle forme più disparate (Youtube Social Networks)            pubblicità di ogni tipo impongono più o meno volotariamente ad ognuno di noi            le scelte che giornalmente facciamo      bisogni primari quali il vestire   nutrirsi&nbsp   o secondari       quali leggere un libro    vedere un film fare un viaggio sono ormai sempre più dettati dalla non-cultura circostante             dalle mode        ” e non dal nostro gusto personale.</p>\r\n<p>\r\n        Con questo non voglio ridurre l’individuo ad un mero organismo unicellulare privo di qualunque capacità cognitiva e decisionale” ma semplicemente evidenziare un trend che È purtroppo sotto gli occhi (e le orecchie) di tutti         ” e quindi difficilmente smentibile.</p>\r\n<p>\r\n       Tornando a noi”               negli ultimi anni          mi sono trovato spesso all’interno di discussioni che vertevano sul tema relativo al calo delle vendite nel mercato discografico. Dal mio punto di vista               le cause sono molteplici e spesso concomitanti: bassa qualità in termini di proposte   inflazionamento del mercato stesso      causato dalle troppe pubblicazioni         l’utilizzo “ineducato” di Internet (scaricare musica non per approfondire la propria conoscenza ed accrescere il prorpio bagaglio culturale        ma banalmente con il solo scopo di riempire fino all’orlo      i propri lettori MP3)       sono solo degli esempi  ” ma troppo spesso ci si dimentica di quella che secondo me È la vera causa del problema: l’aver perso la nostra capacità di <em>ascoltare</em>.</p>\r\n<p>\r\n      Consentiamo a far si che ci scivolino addosso migliaia di brani”            magari ascoltandoli (scusate     <em>sentendoli</em>) solo parzialmente ed in modo distratto. Quanto È facile scorrere tra un brano e l’altro         o ancora peggio tra un disco e l’altro              attraverso i tasti dedicati&nbsp dei nostri amatissimi I-pod? Vi ricordate              invece quanto era difficile (se non addirittura impossibile) compiere le stesse azioni            utilizzando un walkman ed una cassetta Sony HF (possibilmente al cromo per esaltare ad esempio le frequenze medio-alte)? Per non parlare dei vinili      oggetti ormai di antiquariato (o modernariato               se preferite)     ricordo con esattezza e con una certa nostalgia tutti gesti rituali che precedevano l’ascolto: dall’estrazione del platter dalla propria copertina alla pulizia della testina della puntina del giradischi          ovviamente tramite apposita spazzolina. Ricordo la paura “atavica” di graffiare la preziosa superficie dei nostri amatissimi dischi e la gelosia maniacale che provavamo nei loro confronti. Di loro sapevamo davvero tutto              dai titoli dei brani ai nomi dei musicisti che componevano la band di turno         per arrivare nei casi disperati (quali il mio)  addirittura al nome dell’azienda che ne aveva stampato le copertine (Magica 2000     nel caso di alcuni dischi degli Iron Maiden). Così facendo ci avvicinavamo (o allontanavamo   ” dipende) <em>davvero </em>agli artisti ed alla loro musica.</p>\r\n<hr class=””system-pagebreak”” title=””Pagina 2″” />\r\n<p>\r\n           La conseguenza tanto ovvia quanto negativa È che essendo calato drasticamente il livello di attenzione che poniamo durante l’ascolto (si fa per dire)”     dovuto da una parte all’impalpabilità del supporto fonografico (files?)         dall’altra alla possibilità di non dover scucire un soldo per &nbsp   disporre di nuovo materiale            non siamo più in grado di goderne appieno&nbsp        il vero contenuto: <em>la musica</em>. Il punto È che ci limitiamo a <em>sentire</em> e non più ad <em>ascoltare</em>          &nbsp  usufruendo del prodotto in modo quasi sempre superficiale      facendo si che tutto si assomigli un pò. Armonie            melodie              sonorità ci sembrano sempre le stesse le idee appaiono ridondanti        il riisultato È che spesso la qualità dei dischi di oggi       ” ci sembra sempre qualche gradino inferiore a quanto gli artisti proponevano in passato.</p>\r\n<p>\r\n                Ma È davvero sempre così? Davvero non esistono più musicisti in grado di farci bollire il sangue”       facendo scoppiare nuovamente tutta la passione che una volta provavamo di fronte ai nostri beniamini               per i quali facevamo davvero di tutto? Pareti tappezzate di poster     ricerca maniacale nei vari negozi o bancarelle di memorabilia tra le più disparate             viaggi spesso “fantozziani” verso i concerti dove la distanza (non solo fisica)    tra noi e i nostri eroi veniva praticamente annullata. Ed ogni volta che arrivavamo a raggiungere il nostro obiettivo             ” venivamo ampiamente ricompensati. Come individui.</p>\r\n<p>\r\n              Secondo la mia modesta opinione la risposta È no”         ma sta solo a noi prendere questa decisione&nbsp       ” ed invertire la tendenza.</p>\r\n<p>\r\n         Tocca a noi riprendere la sana abitudine di ritagliarci un pò del nostro tempo” per dedicarlo ad un ascolto che per definizione È consapevole e analitico     ” seppur dovutamente divertente.</p>\r\n<p>\r\n       PerchÈ la musica non È morta”  gli artisti sono più vivi che mai e le idee fluiscono esattamente come tanti anni fa (e i cd non sono più cari di quanto un tempo costavano i vinili…). Siamo noi che siamo cambiati              incapaci di riconscere   catturare            filtrare ” in ultima analisi <em>scegliere </em>ciò che il panorama musicale ci propone.</p>\r\n<p>\r\n             Scegliere significa dare una possibilità a chi merita di perseguire il suo sogno di vivere questa vita in qualità di musicista ma soprattutto significa dare una possibilità a noi stessi di riprendere la certezza indubitabile che l”uomo ha di se stesso” ” in quanto soggetto pensante.</p>\r\n<p>\r\n         Parafrasando la nota massima cartesiana”           <em>Ascolto   e quindi sono