Camilla Sernagiotto
Giovanissima giornalista freelance (lavora per Mondadori; Sky ; Condè Nast; ecc.), prolifica scrittrice (ad appena 30 anni ha già all’attivo 4 libri pubblicati) ma soprattutto, come dice lei stessa, mancata casalinga di Voghera a dimostrazione che i luoghi comuni sono facili da sfatare con esempi di successo come il suo.
Cominciamo dall’inizio: come nasce la tua passione per la scrittura?
Fin da bambina passavo i pomeriggi a scrivere pallosissimi romanzi che poi leggevo dopo cena alla famiglia costringendo tutto il parentado ad ascoltarmi. Ora le cose sono cambiate: i romanzi sono meno pallosi, giurin giuretta, e la famiglia li legge da sola (almeno così giura e spergiura). Credo di aver consumato più carta e inchiostro nella vita che pane e salame, il che ha dell’incredibile essendo io una buonissima forchetta. Da qualche tempo mi autoimpongo di scrivere solo al computer per avere una coscienza ecologica più pulita, ma fino all’anno scorso ogni mio scritto era prima stilato a penna sui taccuini e poi trascritto a macchina. Da pazzi, lo so.
Come riesci a conciliare il tuo lavoro di giornalista con quello di autore?
Sono giornalista freelance e lavoro da casa, in giro, nelle varie redazioni dei miei clienti e addirittura in treno o in aereo, con flessibilità massima e autonomia totale; dunque le due cose si conciliano alla perfezione. Inoltre una continua osmosi tra il mio modus scribendi giornalistico e quello dei libri credo arricchisca entrambe le scritture.
Leggendo la prosa dei tuoi libri intuisco una forza e una voglia di scrivere che l’articolo giornalistico non riesce a contenere: da una parte c’è il “compito” da fare, dall’altra il tuo flusso, le tue idee, la tua energia da buttare su carta. E’ così?
Effettivamente in un articolo non posso esagerare con le parole, sia per quanto riguarda la quantità sia per quel che concerne la qualità e il tono. Eppure non ho mai considerato il mio lavoro giornalistico un mero compito, anzi: amo la mia professione tanto quanto adoro scrivere romanzi. E in entrambi i casi ci metto tutto l’impegno possibile. Ovviamente nei romanzi o negli scritti come “Hipster Dixit – Manuale per diventare un hipster con i baffi” posso sfogare tutta la mia fantasia e utilizzare un’ironia che gli articoli non mi permettono di usare.
Libri con argomenti diversi, personaggi bizzarri: da Fatman a Enola, dal romanzo “doppio” all’ultimo manuale per diventare hipster: tutte idee che fanno domandare al lettore “Ma come ti vengono in mente?”.
L’insonnia è un brutto mostro, ma nel mio caso è anche una buona amica e un’ottima consigliera. Dormire poco equivale a scervellarsi e fantasticare tanto. Enola e Fatman sono i protagonisti dei miei primi due romanzi, molto autobiografici e, nonostante ciò, folli (uno parla di un uomo al nono mese di gravidanza, Enola, l’altro racconta di un ragazzo obeso che incide le sue memorie su un registratorino portatile). Entrambi i personaggi sono metafore atomiche (Enola Gay era il nome del bombardiere che sganciò Little Boy su Hiroshima, mentre Fatman era la seconda bomba che cadde su Nagasaki) e il mio progetto iniziale riguardava una trilogia, con un terzo romanzo in cui si leggesse tra le righe il riferimento alla primissima bomba, The Gadget. Poi sono arrivati i due gialli, non più autobiografici e quindi meno sofferenti da scrivere: con “Circuito chiuso” e “Annales” mi sono innanzitutto divertita, cosa che mi mancava nell’esperienza dello scrivere. Anche con “Hipster Dixit” mi sono divertita parecchio, soprattutto a fare ricerca e a sperimentare i locali, i cibi, la musica, i ristoranti e gli sport più amati dagli hipster.
Scrittrice per passione, giornalista per necessità?
No; affatto: entrambe le cose sono dettate dalla passione. E il fatto che mi diano pure da mangiare me le rende ancora più care.
Chi sono i tuoi miti letterari, i tuoi esempi da seguire?
Ho miti letterari che però non seguo come scrittrice ma soltanto come lettrice. Un mio grande amore è Lansdale, ma spesso lo tradisco con Murakami. Per quanto riguarda la lettura a chilometro zero, tra gli italiani ho adorato Aldo Nove e divorato ogni titolo di Andrea Pinketts, che nel mio periodo milanese ho anche avuto modo di frequentare. Ultimamente, da buona hipster quale ormai sono diventata dopo aver scritto “Hipster Dixit”, prediligo libri autoprodotti o pubblicati da case editrici minori, di autori sconosciutissimi e possibilmente in ebook (sono diventata super ecologica, basta carta sprecata!)
Che cosa farà (o vorrebbe fare) Camilla da grande?
Ti ringrazio per avermi indirettamente dato della giovinetta, anche se le mie trenta primavere trascorse mi tradiscono spesso e malvolentieri… Ormai è un po’ troppo tardi per non avere il futuro già scritto, eppure non c’è alcun rimpianto nelle mie parole visto che i sogni nel cassetto che avevo da bambina erano due: fare la giornalista e la scrittrice. In realtà ce n’era un terzo: diventare ballerina, ma dopo essermi rivista negli ippopotami danzanti di “Fantasia” ho deciso di attaccare il tutù al chiodo.